Forex, euro e dollaro a un bivio sui movimenti di tasso

Pubblicato da Roberto Rais -

Euro e dollaro sono vicini a un interessante bivio di tendenza sui movimenti di tasso delle rispettive banche centrali. Considerato come assodato e già ampiamente scontato quanto avverrà domani, in relazione all’incremento dei tassi fed funds, è possibile che l’euro possa ora iniziare di recuperare parziale terreno, soprattutto se dal FOMC non arriveranno precise indicazioni positive sulle prossime mosse.

Euro: si prospetta una graduale ripresa?

A giovare all’euro è infatti l’attesa di un possibile irrigidimento di politica monetaria da parte della BCE che – in un’ottica di sostanziale ininfluenza di quel che avverrà oggi – potrebbe iniziare ad impattare soprattutto nelle prossime settimane. Riteniamo infatti possibile che la BCE possa scegliere di variare, in senso restrittivo, il proprio approccio sui tassi di riferimento a metà anno, e annunciare poi per fine anno l’avvio del tapering, ovvero la riduzione del programma di acquisto titoli.

Un menu, quello di cui sopra, che non sembra essere “nuovo”, bensì la presa d’atto di uno scenario che si sta pian piano rendendo sempre più probabile. Che la BCE possa modificare i tassi tra maggio e la riunione successiva è ben possibile (pur marginalmente), così come che dall’autunno si possa iniziare a discutere in modo concreto e formale del tapering, un termine tanto “evitato” nel corso del 2016, quando ambito nel corso del 2017. La strada per la normalizzazione è lunga e faticosa, ma il percorso sembra essere già stato tracciato.

Peraltro, si noti come i concetti di cui sopra non sembrano essere in grado, da soli, di innescare un rialzo strutturale dell’euro ma certamente può essere sufficiente a limitarne il ribasso. Se dunque riteniamo possibile che l’euro possa recuperare gradualmente terreno nei confronti del dollaro, è sicuramente più probabile che non ne perda altro, soprattutto se la Fed non dovesse essere così decisa e netta con i suoi rialzi dei tassi.

Passando proprio all’area USA, ricordiamo come le attese sulla crescita economica e sull’andamento del mercato del lavoro siano in continuo miglioramento, e che dunque oggi la Fed è ben in grado di proseguire sul rialzo dei tassi senza attendere ulteriori dettagli circa le scelte economiche di Trump. L’apprezzarsi del dollaro sarà una conseguenza probabile di questo scenario, anche se riteniamo che non ci siano ampissimi margini nei confronti dell’euro, valutato che – come sopra – il mercato ha già largamente scontato quanto sta accadendo.

Per quanto concerne un breve cenno sulle altre valute, sulla sterlina continua a incombere il timore delle complicazioni sull’iter politico della Brexit, che rischierebbe di rendere meno scontato il recupero della divisa inglese, che apparirebbe invece favorito dal miglioramento economico generale e da un non traumatico distacco dall’Unione Europea. Sul fronte yen, la Bank of Japan ha più volte ribadito che lo stimolo monetario proseguirà fino a quando l’inflazione non supererà il 2 per cento, con la speranza che la volatilità dei mercati finanziari si riduca e che lo yen smetta di intercettare l’avversione al rischio, indebolendosi.

Petrolio, l’eccesso di offerta è uno spettro che incombe

Concludiamo con un breve riferimento sul mercato delle materie prime e, in esso, su quello del petrolio. Il comparto delle commodity è stato recentemente impattato da un nuovo quadro macro cinese, con la crescita del Paese che è più regolamentata, ed è stata “volutamente” ridimensionata per quanto concerne il 2017, con incremento del +6,5 per cento dopo il +6,7 per cento del 2016. Il rialzo sui prezzi alla produzione cinesi di febbraio (con PPI a +7,8 per cento su base annua, oltre il 6,9 per cento di gennaio e il 7, per cento delle previsioni) guidati dal rally dell’acciaio e di altre risorse di base giustifica il prudente ottimismo sull’intero settore.

Passando al petrolio, il greggio fatica consolidare le posizioni. Il merito è dell’impegno OPEC (forse, addirittura più evidente del previsto) relativo al taglio della produzione e nonostante i segnali di aumento dell’attività di estrazione negli Stati Uniti e il ritorno dello shale-oil (un rischio che comunque era calcolato, valutato che era ben noto che con il rialzo del prezzo del barile l’interesse per queste attività sarebbe cresciuto in maniera considerevole). Il costante aumento delle scorte di greggio negli Stati Uniti sia API che EIA non sembra ben allinearsi con un contesto di fiducia di cui necessiterebbe il petrolio, ma per il momento il greggio sembra reggere l’urto.

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