Euro, la valuta unica ai massimi sul dollaro

Pubblicato da Roberto Rais -

previsioni euro dollaro 2017Grazie anche ai positivi dati pubblicati sulla ripresa dell’economia europea (nel corso dell’ultimo trimestre il Pil è cresciuto del 2,2% su base annua), la valuta unica europea continua a mettere a segno prestazioni che permettono all’euro di risollevare la china contro dollaro, giungendo su nuovi massimi. Tanto che, per gli analisti, è oramai chiaro che – shock a parte – il 2017 sarà per l’euro un anno record.

I numero, d’altronde, parlano molto chiaro. Da gennaio ad oggi l’euro si è apprezzato del 13,5% nei confronti del dollaro, giungendo a livelli che aveva abbandonato dal 2015, ed ha guadagnato l’8,5% sulla sterlina portandosi su soglie sconosciute addirittura dal 2009. Anche altre valute big (come le safe haven yen e franco svizzero) hanno sofferto nei confronti dell’euro che si è apprezzato rispettivamente del 5,5% e del 6,2%. Allargando poi lo spettro d’analisi, ne consegue che contro un basket di monete che comprende le prime 30 valute internazionali, l’euro ha ceduto terreno nel 2017 solamente a sei divise, tuttavia abbastanza “secondarie” (kuna croata, corona ceca e svedese, fiorino ungherese, peso messicano, zloty polacco). Nel complesso l’euro si è rivalutato su scala globale del 5%. Ma perchè?

Le motivazioni sono numerose, ma possiamo comunque ricordare come le esportazioni aggregate dei 19 Paesi che ne condividono la valuta sono ai massimi storici. A fine 2016 – sancisce l’Eurostat – il surplus delle partite correnti dell’area si è attestato al 3,3% del Pil, toccando dunque un nuovo record storico, e allontanandosi in misura evidente dal 2008, quando l’eurozona chiuse in deficit i rapporti commerciali con l’estero dell’1,4%. Intuibilmente, l’incremento del surplus fa il paio con la crescita della valuta: per poter acquistare beni e servizi dell’area occorre infatti anche acquistare la moneta in cui sono venduti. Un aumento della domanda valutaria fa dunque umentare il prezzo della divisa.

Non basta comunque quanto sopra per cercare di piegare quale sia stata l’evoluzione della valuta europea nei confronti del dollaro, verso cui l’euro si è rivalutato ancor di più, approfittando della concomitante svalutazione su scala globale (-8%) del dollaro, spinta a sua volta dal fatto che la Federal Reserve probabilmente non riuscirà a stupire, posizionandosi nella forbice bassa dell’incremento dei tassi, tre volte. Finora (marzo e giugno) ha attuato due strette ma a questo punto non è affatto scontato che possa esservene un terzo (il rialzo a dicembre è dato al 32%, una percentuale molto bassa).

Intuibilmente, sarebbe errato pensare che la strada di apprezzamento dell’euro sia a senso unico. Politiche monetarie e influenze relative a parte, sia sufficiente ricordare come una valuta troppo forte scoraggia l’export, visto e considerato che per gli acquirenti internazionali le merci europee divengono improvvisamente più care: oggi acquistare dall’Italia costa il 13,5% in più rispetto a pochi mesi fa per uno statunitense e l’8,5% in più per un inglese. Ne consegue che ai livelli attuali i compratori di beni e servizi prezzati in euro potrebbero iniziare a farsi qualche conto in più. Ed è probabilmente per questo motivo che il surplus di giugno dell’Eurozona si è ridimensionato a 28 miliardi di euro, e che Morgan Stanley ha previsto che una crescita del 10% dell’euro potrebbe far scendere gli utili della zona euro del 5-8% e limare la crescita del Pil dell’area dello 0,7% l’anno prossimo a causa del calo delle esportazioni.

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