Euro, dollaro e sterlina: come investire a ottobre 2017?

Pubblicato da Roberto Rais -

Ha preso il via un mese di ottobre particolarmente interessante per il mondo valutario, visto e considerato che le determinanti che potrebbero influenzare più o meno positivamente i cambi Forex si stanno facendo sempre più chiare e sempre più incisive. Ma come prepararsi, allora, a un mese che si preannunca piuttosto dinamico sotto tal fronte? Vediamo di condividere insieme a tutti i nostri lettori alcuni spunti particolarmente ghiotti per un investimento consapevole su dollaro, euro e sterlina.

Dollaro statunitense (USD)

Cominciamo dalla valuta verde, che dopo essere cresciuta verso nuovi massimi sul finire della scorsa, ha subito parziali ritracciamenti, che riteniamo comunque essere sostanzialmente di natura tecnica, legati anche ad aggiustamenti di portafoglio in chiusura di trimestre.

Di fatti, se ragioniamo in termini di supporti al futuro andamento della valuta, riteniamo che non siano affatto venuti meno i fattori positivi che hanno favorito il recupero dei giorni scorsi. Anzi, se possibile nelle ultime ore c’è stata la convinzione che la prospettiva di un rialzo dei tassi Fed prima di fine anno si faccia sempre più probabile, permettendo al comitato di politica monetaria dell’istituto banchiere federale statunitense di rispettare i propri piani di tre rialzi dei tassi per il 2017. Difficile prevedere che cosa invece avverrà nel 2018 e nel 2019, ma torneremo su questo tema con più calma, nei prossimi mesi.

Diviene anche sempre più probabile la possibilità che entro qualche mese arrivi l’atteso piano di stimolo fiscale preannunciato dall’amministrazione Trump. Certo, è anche vero che almeno per il momento ci troviamo dinanzi ad annunci piuttosto generici e fumosi da parte del presidente, che poco dicono sulle reali capacità di innovare in maniera strutturale il panorama tributario. Probabilmente, però, la genericità degli annunci dell’inquilino della Casa Bianca sono anche dovuti al fatto che si vuole pur sempre mantenere un ampio margine di negoziazione con le controparti, in maniera tale che si possa concretamente giungere alla riforma tanto attesa prima del 2018, fornendo così un biglietto da visita più allettante in vista dell’avvio della campagna elettorale di mid term.

Insomma, con i presupposti di cui sopra, gli analisti puntano a un ulteriore rafforzamento del dollaro statunitense entro l’orizzonte di 1-3 mesi, con la valuta verde che pertanto potrebbe chiudere il 2017 su livelli ancora più elevati rispetto a quelli attuali.

Peraltro, sul fronte dei dati macroeconomici, le ultime novità sono state identicamente positive. È infatti stata pubblicata l’ultima stima del Pil del secondo trimestre, rivista leggermente al rialzo da un già di per se particolarmente soddisfacente + 3,0% t/t ann. A + 3,1%. Bene anche l’andamento dei saldi di bilancia commerciale, che sono ancora migliorati in agosto. Infine, sul fronte delle dichiarazioni dei membri Fed, George si è espresso a favore di una continuità nei rialzi dei tassi, mentre Bostic ha detto che il suo voto a dicembre dipenderà dall’evoluzione dell’inflazione. Insomma, una divergenza tutto sommato accettabile, che riflette la necessità di dare sempre uno sguardo ai dati macro nelle prossime settimane, i quali – se non saranno fortemente negativi – potrebbero supportare il rialzo suddetto.

Euro (EUR)

Contro dollaro l’euro ha vissuto una fase di debolezza nel corso della parte finale della scorsa settimana, salvo poi rialzare tecnicamente la testa, anche grazie alla pubblicazione di alcuni dati macroeconomici dell’area (fiducia di settembre) risultati migliori delle attese. Sul fronte BCE intanto Praet ha dichiarato che la banca centrale non sta ragionando su un’uscita dal piano di stimolo, quanto su una “ricalibrazione” delle misure in essere.

Nei prossimi mesi sull’euro l’attenzione sarà incentrata sulle due facce principali della medaglia. La prima è di natura tendenzialmente positiva, ed è legata all’opportunità di confermare un graduale miglioramento degli elementi macroeconomici sull’economia dell’area euro. La seconda è di natura più aleatoria, e politica: al di là delle tensioni regionali in Spagna, gli analisti seguiranno con attenzione quel che avverrà in Germania, con un governo tedesco in fase di faticosa e lunga formazione.

Il deteriorarsi di tali valutazioni potrebbe appesantire l’euro, indebolendo il cambio della valuta unica.

Sterlina britannica (GBP)

Concludiamo infine con la sterlina britannica, che sul finire della scorsa settimana ha potuto trarre un malus dalle parole di Carney, il governatore della Bank of England, il quale ha affermato che la BoE non può impedire che la crescita economica rallenti a causa di Brexit (anche se può contribuire a smussare gli effetti negativi). Successivamente, la sterlina è riuscita a monetizzare il vantaggio legato all’effetto delle dichiarazioni di Barnier, il capo-negoziatore UE, che al termine del quarto round di negoziati su Brexit, ha dichiarato che dopo il discorso di May le trattative hanno preso una piega positiva.

Il riferimento di Barnier è soprattutto sul delicato tema dell’exit bill, con il Regno Unito che si è impegnato a onorare gli impegni assunti fino al 2019-20. E’ anche vero che Barnier ha precisato che questi progressi non sono ancora “sufficienti” per passare alla fase successiva, quella che riguarda la definizione del nuovo assetto dei rapporti commerciali, ma si tratta comunque di un gradevole passo in avanti. Considerato che mancheranno novità sulla Brexit nel brevissimo termine, l’attenzione si sposta sui dati macroeconomici.

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