La teoria PPP e il tasso di cambio valutario

Pubblicato da Roberto Rais -

Vi siete mai domandati che cosa determini il tasso di cambio tra due valute, e quali siano le teorie che stanno alla base della formazione del tasso di cambio tra euro e dollaro, sterlina e yen e, più in generale, tra due qualsiasi valute internazionali?

La teoria PPP

Sebbene non sia certamente l’unico approccio che cerca di chiarire questo interessante quesito, la teoria della parità del potere d’acquisto è certamente una delle più note e, probabilmente, anche in grado di rappresentare la base di valutazione e di studio per tutti quei trader che stanno cercando di avvicinarsi con la giusta e meritata curiosità a un tema che è particolarmente proficuo di aspetti di specializzazione.

Introdotto ciò, possiamo ricordare come secondo la teoria PPP (purchasing power parity o, appunto, parità del potere di acquisto), il rapporto tra i tassi di cambio di due Paesi dovrebbe essere uguale al rapporto dei prezzi di due prodotti identici negli stessi Paesi.

In altri termini, se una moneta d’oro ha un valore pari a 1 dollaro (ipotizziamo) negli Stati Uniti e 1 euro in Europa, allora secondo la teoria della parità del potere di acquisto il tasso di cambio dovrebbe essere 1 dollaro ogni 1 euro. Assunto ciò, e per estensione concettuale, la teoria della parità del potere di acquisto ritiene che i cambiamenti nell’inflazione dovrebbero seguire quelli del tasso di cambio.

Naturalmente, è sufficiente un minimo di esperienza concreta sui mercati finanziari per poter comprendere con immediatezza che, purtroppo, così non è, e che la teoria della parità del potere d’acquisto – pur affascinante per i suoi concetti base e per la sua ideale semplicità – mostra diverse pecche. Per esempio, la teoria in questione non tiene conto delle spese che comporta il commercio, come le attrezzature, le tasse e le imposte doganali: un prodotto potrebbe dunque risultare più caro non per il prodotto in se, quanto per tutta la serie di voci che sono strettamente legate al suo commercio. In aggiunta a ciò, i prodotti non saranno mai gli stessi in tutto il mondo, visto e considerato che alcuni produttori potranno produrre a costi inferiori a quanto invece fanno gli altri.

In tal senso, si basa sulla teoria della parità del potere d’acquisto il Big Mac Index, un indicatore che l’Economist ha creato per poter valutare la sopravalutazione o la sottovalutazione delle valute dei vari Paesi, sulla base del prezzo dei Big Mac in ognuno di questi.

La parità del tasso di interesse

Nel contempo, il concetto di parità del tasso di interesse raramente può essere verificato nella realtà (ma non per questo non può essere utile studiarlo attentamente sul profilo teorico). Il concetto di parità del tasso di interesse implica infatti che le differenze nei tassi nominali corrispondano a quelle nei tassi di cambio. Non è tuttavia esattamente così, anche se è vero che esiste un discreto rapporto tra i tassi di interesse e i tassi di cambio di valute straniere: nel settore degli investimenti, infatti, molti trader cercano il profitto mediante un opportuno incrocio conveniente tra tassi di interesse e tassi di cambio. Pertanto, una valuta sopravvalutata è di solito associata a un tasso di inflazione basso e in parte anche al fatto che ci sono costi e tasse coinvolti nelle transazioni che possono influenzare i tassi di cambio.

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