Forex trading, come posizionarsi sulle valute nel 2017

Pubblicato da Roberto Rais -

Il placido avvio d’anno per il mercato valutario non tragga in inganno: il 2017 rappresenta un periodo di grande incertezza per i cross valutari e, di conseguenza, sarebbe bene cercare di muoversi con la dovuta oculatezza in un contesto che tutto è tranne che placato. Per saperne di più, assumiamo oggi come spunto di valutazione la serie di dichiarazioni recentemente rilasciate da Peter Rosenstreich, Head of Market Strategy di Swissquote, il quale ha affermato di attendersi un rally di breve periodo sul dollaro, e un temporaneo ribasso a breve per la sterlina. Ma andiamo più nel dettaglio, partendo proprio dal dollaro USA.

Stati Uniti: euforia ragionata

Negli Stati Uniti l’euforia che sta condizionando i mercati azionari sembra essere ben supportata dai dati di fatto, considerato che lo scenario economico nazionale è piuttosto robusto e che il roseo futuro che sembra attendere le società ha gonfiato le stime degli utili e, di conseguenza, le aspettative per una maggiore capitalizzazione di mercato. Se a quanto sopra aggiungiamo il fatto che Yellen e i membri Fed hanno più volte sottolineato, anche negli ultimi giorni, quanto possa essere probabile il rialzo dei tassi fed funds già nel mese di marzo, otteniamo un mix di determinanti davvero rilevante, e in grado di sostenere positivamente l’evoluzione del contesto a stelle e strisce.

Per i motivi di cui sopra, è possibile che il dollaro possa effettivamente ulteriormente apprezzarsi nei prossimi giorni, conseguentemente al rafforzarsi delle già ricordate attese di mercato per un rialzo dei tassi Fed alla riunione del FOMC del prossimo 15 marzo. Dai molti discorsi di questi giorni è di fatti emerso in maniera piuttosto chiara ed esplicita la formazione di maggioranza significativa all’interno del Comitato di politica monetaria in favore di un intervento immediato. Per quanto concerne i dati macro, non ci si attendono sorprese particolarmente negative, e se venerdì l’employment report non tradirà le attese, è lecito porre il suggello nei confronti delle speranze di rialzo tassi tra pochi giorni.

A nostro giudizio, anche prima del FOMC del 15 marzo, il dollaro statunitense ha ancora qualche margine per poter salire, fino a quando – almeno – i dati continueranno a offrire sostegno alle indicazioni che provengono dalla Federal Reserve. L’upside dovrebbe tuttavia restare contenuto entro e non oltre i massimi di dicembre, perché con la salita dei tassi/rendimenti degli ultimi giorni il mercato si è sostanzialmente allineato allo scenario Fed di tre rialzi quest’anno, mentre per portare il biglietto verde a inaugurare nuovi massimi sarebbe necessario che iniziasse a scontare un quarto rialzo, ipotesi che al momento non è suffragata né dai dati né dai programmi economici dell’amministrazione Trump.

Sterlina, attenzione al flop

Passando a questa parte dell’Oceano Atlantico, occhi puntati sulle dichiarazioni del presidente della Commissione Europea Juncker, che ha annunciato che per il Regno Unito si preannuncia un “conto salato”. Affermazioni che non hanno colto di sorpresa, e che probabilmente vanno a rafforzare la visione che una soft Brexit sia l’unica strada percorribile.

Juncker ha poi affermato che la Gran Bretagna dovrà affrontare un duro negoziato e che non saranno fatti sconti. Il presidente ha rammentato che Londra deve pagare ancora 60 miliardi di euro all’Europa, equivalente ai finanziamenti che il Regno Unito spenderà nei prossimi anni, fino a che sarà un membro a tutti gli effetti. Difficilmente la somma sarà restituita in un’unica soluzione: la restituzione a rate permetterà dunque al Regno Unito di rimanere all’interno dell’area per ancora molto tempo.

Insomma, l’incertezza che si sta generando nei confronti del processo di uscita del Regno Unito dall’Unione Europea potrebbe condizionare fortemente le quotazioni della sterlina nel corso delle prossime settimane. Più nel breve periodo, i rischi rimangono ancora verso il basso, in funzione degli sviluppi sull’iter del disegno di legge per Brexit, che martedì prossimo sarà alla Camera dei Lord per l’esame di altri emendamenti, primo fra tutti quello che chiede un voto del parlamento sull’accordo finale tra Regno Unito e UE. Il disegno emendato tornerà poi alla Camera dei Comuni la settimana successiva, il 13-14 marzo.

Euro: calo quasi certo, ma contenuto

Chiudiamo infine con un breve sguardo sull’euro, che dovrebbe essere destinato ad attraversare una fase calante. Al rafforzarsi delle attese di un rialzo Fed fra poco meno di due settimane, peraltro, l’euro ha già sperimentato una contrazione delle proprie quotazioni contro dollaro e altre valute di basket di principale riferimento.

Tuttavia, non è sfuggito il fatto che l’entità dell’arretramento dell’euro rimane modesta rispetto alla rilevanza dell’evento – anticipazione attesa del rialzo Fed già a marzo – ed è quindi suscettibile di ampliamento se lo scenario andrà consolidandosi. L’ulteriore calo dovrebbe pertanto rimanere piuttosto contenuto, valutato quanto abbiamo già ricordato sul fronte dollaro.

Per quanto attiene i dati dell’area euro, gli ultimi usciti fanno riferimento all’inflazione, che è salita più delle attese passando da 1,8% a 2,0%: questo non può comunque offrire concreto sostegno all’euro, poichè l’incremento riflette solo un effetto base favorevole e l’aumento dei prezzi energetici, e non un’autonoma tendenza rialzista di fondo. Per il momento pertanto appare chiaro come la BCE non possa permettersi di accennare alla possibilità di rimuovere lo stimolo monetario, ma a parità di scenario di inflazione la BCE potrà dare maggior peso alla performance della crescita. Interessanti saranno quindi le indicazioni che arriveranno in merito dalla riunione BCE di giovedì prossimo.

Yen, movimenti più significativi rispetto all’euro

Concludiamo infine con uno sguardo allo yen: al rafforzarsi delle attese di un rialzo Fed già questo mese, anche la valuta giapponese è calata, cedendo leggermente più dell’euro, rispetto al quale si è infatti indebolito. Il fatto che i movimenti dello yen siano più ampi rispetto a quelli dell’euro non deve sorprendere: lo yen è infatti più cedevole dell’euro su dollaro, in quanto la BoJ ha necessità di mantenere lo stimolo monetario più a lungo della BCE. Nel brevissimo però, in prospettiva di un rialzo Fed fra poco meno di due settimane, il calo della valuta nipponica dovrebbe essere simile a quello dell’euro.

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