Diffusione e monitoraggio del rating

Diffusione del rating

Il giudizio assegnato all’emissione viene successivamente comunicato al mercato attraverso le principali agenzie di stampa ed attraverso vari canali telematici (Reuters, Datastream, il sito we dell’agenzia di rating). Insieme alla votazione alfanumerica, viene diffuso anche il breve rapporto con le motivazioni alla base del giudizio, preventivamente esaminato dall’emittente per evitare l’inavvertita divulgazione di informazioni riservate.

Monitoraggio del rating

Successivamente alla diffusione, il rating è monitorato dall’agenzia per tutta la durata dell’emissione, in modo da renderlo continuamente affidabile per gli investitori. In particolare, il giudizio è sottoposto a revisione con cadenza periodica, di solito trimestrale, ed in occasione di ogni rilevante evento che interesse direttamente il debitore oppure il settore di appartenenza. Proprio in relazione a questa seconda componente di servizio, il costo del rating per un emittente si articola in due parti:

  • Una quota variabile iniziale, che dipende dall’ammontare del prestito obbligazionario e dal tempo impiegato per arrivare alla valutazione finale;
  • Una quota fissa annuale, equivalente ad una sorta di abbonamento, che remunera appunto il continuo aggiornamento della valutazione.

Anche in questo caso l’agenzia di rating divulga le motivazioni sottostanti il provvedimento di innalzamento o abbassamento del rating attraverso un comunicato stampa.

Si è già sottolineato sopra come il rating abbia significato e valore in quanto effettivamente in grado di segnalare la capacità degli emittenti di adempiere puntualmente ai propri obblighi. Solo in tal caso, infatti, rappresenta un efficace contributo alla riduzione del gap informativo strutturalmente esistente fra datori e prenditori di fondi. Sotto questo profilo, è dunque interessante analizzare la capacità previsionale delle valutazioni assegnante dalla agenzie specializzate ovvero la frequenza relativa degli episodi di insolvenza nelle diverse classi di rating.

La correlazione fra le due variabili è apprezzabile grazie ai dati pubblicati periodicamente dalle società stesse allo scopo di venire incontro ai bisogni informativi degli investitori più sofisticati. Infatti, una certa fascia di investitori “esigenti” è interessata non solo ad una comparazione del rischio creditizio di vari possibili emittenti, ma anche a conoscere la probabilità che un prenditore dotato di un certo livello di rating diventi insolvente in un dato arco temporale.

Dallo studio delle serie storiche delle percentuali di default, emergono alcune considerazioni:

  •    È evidente l’esistenza di una certa correlazione molto forte fra credit rating e probabilità di insolvenza
  •    Le valutazioni di livello più basso tendono ad essere più “instabili” ovvero più frequentemente soggette a revisioni (verso l’alto o verso il basso)
  •    La variabilità dei rating mostra un andamento asimmetrico: in particolare, l’abbassamento del giudizio formulato su emittente (downgrading) tende ad essere seguito da successivi abbassamenti, mentre lo stesso non si verifica nel caso degli aumenti (upgrading)

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