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Cambio EUR/USD in calo, pesa il nervosismo pre-Fed

Il cambio EUR/USD continua a consolidare le sue perdite intorno a 1,21, con le tensioni dei mercati valutari che aumentano in vista dell’incontro della Fed di mercoledì. Una risposta tardiva all’aumento dell’inflazione ha spinto il dollaro venerdì scorso e, ora, sta pesando ulteriormente sul cambio nelle ore che precedono il meeting.

Per quanto concerne l’analisi tecnica, il Relative Strength Index sul grafico a quattro ore è vicino a 30 – vicino a condizioni di ipervenduto, implicando pertanto un potenziale rimbalzo. Altri indicatori sono più ribassisti – il momentum è al ribasso e la coppia scambia sotto le medie mobili semplici 50, 100 e 200.  Il supporto attende il nuovo minimo di 1,2090, seguito da 1,2055 e 1,2015, livelli che sono stati visti l’ultima volta a maggio.  La resistenza è a 1,2115, il massimo giornaliero, seguito da 1,2145, 1,2160 e 1,22.

Ciò premesso, è lecito domandarsi cosa accadrà al cambio euro dollaro nelle prossime ore.

La coppia di valute più popolare del mondo ha infatti toccato i livelli più bassi del mese, ma i tori hanno continuato a combattere. Il rialzo del dollaro di venerdì sembra essere una reazione tardiva ai dati sull’inflazione statunitense, più alti del previsto, rilasciati giovedì. L’indice dei prezzi al consumo headline ha raggiunto il 5% a/a – un livello visto l’ultima volta nel 2008.

Dopo che la risposta iniziale è stata moderata, il biglietto verde ha recuperato un po’ di terreno venerdì. Tuttavia, la domanda per il dollaro sembra ingiustificata. In primo luogo, non corrisponde a un aumento dei rendimenti delle obbligazioni americane, dato che i rendimenti dei Treasuries a 10 anni rimangono depressi sotto l’1,50%.

In secondo luogo, il trend dell’inflazione non sembra essere così spaventoso come sembra. Gli aumenti dei prezzi sono stati guidati dalle tariffe aeree, dal costo delle auto usate e dall’abbigliamento, tutte voci legate alla rapida riapertura dell’economia USA e alla domanda istantanea.

In terzo luogo, il recupero del dollaro di venerdì è avvenuto in mezzo al rilascio dell’indice preliminare del sentimento dei consumatori dell’Università del Michigan per giugno. Il titolo ha superato le stime con 86,4 punti, ma gli indicatori dell’inflazione si sono ritirati. Gli acquirenti si aspettano un aumento dei prezzi del 4% entro un anno, al di sotto del 4,7% previsto. Il ritmo annuale degli aumenti nei prossimi cinque-dieci anni è del 2,8%, anche questo al di sotto delle stime.

La Federal Reserve sta osservando da vicino questi indicatori di inflazione in prospettiva – ed è improbabile che si muova senza un chiaro segnale che gli aumenti dei prezzi siano ancorati nella mentalità dei consumatori. La Fed lascerà la sua politica invariata mercoledì, ma alcuni si aspettano che fornisca un sottile accenno alla riduzione del suo programma di acquisto di obbligazioni nel corso di quest’anno. Con circa 7,6 milioni di persone senza lavoro e un’inflazione che potrebbe essere etichettata come transitoria – ovvero legata alla riapertura – la banca probabilmente manterrà ferma la sua policy.

Intanto, da questa parte dell’Atlantico, la presidente della Banca Centrale Europea Christine Lagarde ha ribadito la sua posizione secondo cui è necessario un maggiore accomodamento. Come la Fed, la BCE si trattiene dal ridurre i suoi acquisti di obbligazioni.

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