Dollaro in arretramento… aspettando il FOMC

Pubblicato da Roberto Rais -

Il dollaro statunitense ha aperto la settimana del meeting FOMC di giugno con un lieve arretramento rispetto ai massimi che era stato in grado di toccare nella precedente giornata di venerdì. Si tratta tuttavia non tanto di un movimento ricco di significati, quanto piuttosto di un aggiustamento tecnico che potrebbe essere compensato proprio in occasione dell’esito del FOMC della settimana.

Se infatti la Federal Reserve, oltre ad alzare i tassi di interesse di riferimento (che è lo scenario che tutti si attendono) terrà altresì viva la prospettiva di un altro rialzo nel terzo trimestre (la nostra previsione è che il terzo rialzo sarà a settembre), il biglietto verde dovrebbe rafforzarsi, anche se riteniamo altresì che l’entità del rafforzamento potrebbe essere particolarmente ridotta: da diverse settimana, infatti, il mercato sconta già una buona parte di un simile scenario, e dunque non ci sembra che il dollaro riuscirà ad apprezzarsi in maniera considerevole nelle giornate che verranno. Ad ogni modo, qualche rimbalzo potrebbe esserci, soprattutto se sarà confortate dai dati macro USA (di contro, eventuali delusioni ridurrebbero lo spazio di rafforzamento).

Spostandoci alla valuta unica europea, l’euro ha aperto la settimana pressoché stabile sui livelli di venerdì. Il mercato speculativo è tornato long sull’euro dopo tre anni di short praticamente ininterrotto, continuando a consolidare le già rammentate posizioni lunghe: da tali livelli saranno probabilmente necessari maggiori spunti per incrementare le posizioni.

A proposito di spunti, sembra che la BCE non sia attualmente in grado di offrirne. Negli ultimi giorni non sono infatti giunte indicazioni a favore di un avvio anticipato del processo di normalizzazione della politica monetaria, mentre la Federal Reserve si accinge ad agire in senso inverso a quello della BCE, alzando di nuovo i tassi. A meno di sorprese particolarmente positive dai dati dell’area questo dovrebbe stabilizzare il cambio nella parte medio/bassa del range 1,10-1,12 EUR/USD piuttosto che favorire l’inaugurazione di nuovi massimi. Anche in questo caso val la pena di dare uno sguardo all’evoluzione dei dati macro: l’ultimo in pubblicazione, lo ZEW tedesco, non è stato favorevole.

Passando alla sterlina, la valuta britannica ha aperto la settimana in calo ma senza sfondare i minimi raggiunti post-elettorali. A penalizzare la valuta britannica è l’accresciuta incertezza politica determinata proprio in seguito al fallimentare esito delle elezioni anticipate (per lo meno, per i conservatori). La premier Theresa May, sempre più nel mirino delle critiche, ha ora in programma di incontrare Foster, leader del DUP, allo scopo di trovare un accordo di governo: al momento l’ipotesi più accreditata è quella di un appoggio esterno, non di una coalizione formale.

Foster ha dichiarato di voler operare nell’interesse sia dell’Irlanda del Nord sia del Regno Unito nel suo complesso, il che lascerebbe ben sperare almeno per quanto riguarda Brexit. A proposito di Brexit, sono circolate alcune indiscrezioni secondo cui May potrebbe essere disposta a prendere in considerazione ipotesi alternative a un’hard Brexit, e proprio in virtù di ciò è stato slittato l’avvio dei colloqui, inizialmente previsto per il 19 giugno, e ora probabilmente in programma per la settimana successiva.

Sul fronte dei dati macroeconomici, in area britannica l’inflazione è salita più delle attese, da 2,7% a 2,9%: non si tratta di u ndato favorevole, considerato che nel clima di incertezza di Brexit la BoE preferirà aspettare prima di alzare i tassi, al fine di non penalizzare la crescita. Questo dimostra ancora una volta la centralità dei negoziati sull’uscita dall’UE: se il Regno Unito sarà in grado di ottenere un buon accordo le ricadute economiche negative saranno contenute e altrettanto il downside della sterlina.

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