Dollaro in calo, attendendo gli sviluppi di Jackson Hole

Pubblicato da Roberto Rais -

Il dollaro statunitense ha aperto la scorsa settimana in calo, rivedendo così i minimi livelli che aveva abbandonati otto giorni prima. Il movimento, come risulta essere facilmente comprensibile, non è stato determinato da sviluppi macro economici negativi negli Stati Uniti (il calendario degli eventi è stato particolarmente clemente), quanto piuttosto da un insieme di fattori tecnici, di natura stagionale (gli scambi del mercato d’agosto viaggiano ancora su livelli sottili) e di sentiment, dove il rinnovarsi delle tensioni tra Corea del Nord e Stati Uniti ha fatto temporaneamente risalire l’avversione al rischio.

Alla luce di quanto sopra, ci attendiamo pertanto che il movimento possa essere facilmente riassorbito, a patto che se ne presenti lo spunto. In tal senso, meglio volgere lo sguardo verso i prossimi giorni e, in particolar modo, al simposio di Jackson Hole, in apertura il prossimo giovedì. La numero 1 della Fed, Yellen, parlerà comunque venerdì: qualora lasciasse le porte aperte a un rialzo dei tassi di riferimento quest’anno il dollaro USA ne trarrebbe beneficio. Anche eventuali sorprese positive dai dati USA aiuterebbero il biglietto verde nel recupero del terreno perso nel corso degli ultimi giorni.

Di contro, l’euro ha aperto la settimana in lieve risalita pur senza superare i massimi del lunedì precedente. Come abbiamo già avuto modo di ribadire, il movimento sembra riflettere soprattutto il generalizzato ritracciamento del dollaro, e dunque non fornisce particolari indicazioni sul possibile ritrovato vigore della moneta unica, che non sembra avere le potenzialità per poter inaugurare nuovi massimi.

Anche in questo caso, un minimo di attenzione sarà incentrata su quel che Draghi farà (e dirà) a Jackson Hole. Difficilmente il Presidente della BCE si esporrà in tale sede fornendo indicazioni nuove, anche per poter evitare le ripercussioni purtroppo sperimentate con il discorso di Sintra a fine giugno. Non è escluso tuttavia che, in linea con le argomentazioni riportate dai verbali, Draghi possa affermare che in questa fase la BCE deve procedere con cautela, anche per evitare un indesiderato restringimento delle condizioni finanziarie. È possibile che una simile affermazione possa contribuire a indebolire l’euro contro dollaro, a patto che dagli USA non arrivino notizie negative interne.

Per quanto attiene poi le altre valute, approfittando del generale cedimento del dollaro, la sterlina ha aperto la settimana in lieve rialzo, fermandosi però sui massimi di venerdì. La salita è stata infatti inferiore a quella dell’euro (rispetto al quale la valuta britannica ha infatti inaugurato un nuovo minimo). In attesa del riavvio dei negoziati Brexit, il cambio dovrà pertanto reagire soprattutto ai dati fondamentali e, tra ip rossimi, all’indagine CBI sul settore industriale, che dovrebbe mostrare una stabilizzazione o un marginale arretramento su livelli comunque ancora solidi.

Infine, lo yen ha aperto la settimana sostanzialmente stabile contro dollaro, favorito volta meno di quanto ci si sarebbe potuti aspettare dall’aumento della risk aversion, in parte forse anche per effetto del ridimensionamento del corto speculativo yen, che libera spazio per un cedimento della valuta nipponica.

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